lunedì 28 novembre 2011
La crisi economica
mercoledì 15 giugno 2011
Gaza vista da un'italiana
Senza nessuna intenzione polemica nei confronti di nessuno, ma solo per la bellezza del testo che commuove, voglio pubblicare questa lettera di saluto inviata agli amici palestinesi da Silvia Todeschini dopo un periodo di volontariato a Gaza.
Ho imparato.
Saluto a Gaza , di Silvia Todeschini.
Quest'anno sono stata a scuola. Ci sono tanti tipi di scuola, alla scuola dove sono stata io non c'erano insegnanti professionisti, ma si imparavano tante cose lo stesso. Ora vi racconto cosa ho imparato. Il programma delle lezioni è stato intenso, ma come tutti è venuto il momento di andare in vacanza per i mesi estivi, perché una delle cose che ho imparato è che c'è bisogno di pause per interiorizzare le lezioni.
Ho imparato che il suono delle zannane è diverso da quello degli f16 che è diverso da quello degli apache. Ho imparato a distinguerli. Non ho imparato a distinguere i sonic boom dalle bombe reali, però. Questo è programma dell'anno prossimo.
Ho imparato il suono dei proiettili, ho imparato che quando sparano in aria si sente un solo botto, quando sparano in terra si sentono 2 botti ravvicinati e quando oltre ai 2 botti si sente un fischio allora comincia ad esserci un problema.
Ho imparato che ci sono proiettili che fanno dei buchi grossi e proiettili che li fanno più piccoli. E che ci sono persone disposte ad essere piene di buchi in nome di quello in cui credono. Che i buchi nelle persone non sempre riescono a fermarle. Di sicuro non riescono a fermare le loro idee.
Ho imparato che non tutti possono resistere 63 anni. Ho imparato che è difficile. Però ho anche imparato che è possibile, ed il fatto che sia reale rende la vittoria vicina.
Ho imparato che non si può rifiutare un bicchiere di tè. Ho imparato che rifiutarlo è una grave offesa.
Ho imparato che se una granata da un carro armato israeliano uccide tua madre e tua sorella, te sei ferita e a 16 anni con il filo di voce che ti è rimasto affermi: “neanche nei sogni di israele ce ne andremo dalla nostra terra”, in Palestina sei una ragazza normale.
Ho imparato che la resistenza è fatta di tante cose, è una pratica quotidiana. Ho imparato che se non resistiamo assieme ognuno con i suoi mezzi non vinceremo mai. Ho imparato che potremo vincere solo se saremo uniti. Non ho ancora imparato come si fa a essere davvero tutti uniti, anche questo è programma dell'anno prossimo.
Ho imparato che il fosforo bianco lascia cicatrici che durano per sempre, che anche le bombe spesso rendono impossibile una vita normale dopo. Ho imparato che le macchie di sangue, anche se non è il tuo, fanno fatica ad essere lavate...in tutti i sensi.
Ho imparato che se la mia vicina o il mio vicino non sono liberi allora non lo sono nemmeno io, perché la libertà è una pratica collettiva.
Ho imparato che avere qualcuno che ascolta i tuoi problemi è importante. E non potere parlare è tremendo.
Ho imparato che ci sono luoghi, come qui a Gaza, dove i colori sono più colorati, il nero è più scuro ed il giallo è più brillante, il rosso più intenso e la gioia più energica, la tristezza più tremenda, la forza più tenace. Ho imparato che il nostro mondo occidentale vive di gradazioni di grigio, e che è tutto avvolto in un involucro di plastica protettiva.
Ho imparato che un amico morto ammazzato non è una cosa facile da superare. Però ho anche imparato che anche quando credi che non ce la puoi più fare, quando pensi che “starò stesa qui per l'eternità, non riuscirò più ad affrontare il mondo fuori”, anche in questi casi con un po' di pazienza la forza si può trovare.
Ho imparato che anche la forza si può imparare. Ho imparato che non esiste un limite oltre il quale non ti puoi spingere. Però ho anche imparato che ci vuole molta pazienza per superarli ad uno ad uno questi limiti.
Ho imparato che si può avere paura di morire. Ma è molto peggio quando si ha paura di vivere. Perché la morte dura un istante mentre la vita dura una vita intera.
domenica 3 aprile 2011
La CEI e l'accoglienza agli immigrati
giovedì 17 marzo 2011
Berlusconi e gli Italiani di Josè Samarago (Il Quaderno; Ed. Bollati Boringhieri; Settembre 2008 pag. 26-27)
Per il grande anniversario che oggi festeggiamo ho pensato di rileggere quello che nel settembre 2008 scriveva su di noi il grande Josè Saramago, Premio Nobel per la letteratura nel 1998.
Nel caso specifico del popolo italiano .... è dimostrato come l'inclinazione sentimentale che prova per Berlusconi, tre volte manifestata, sia indifferente a qualsiasi considerazione di ordine morale. In effetti, nel paese della mafia e della camorra, che importanza potrà mai avere il fatto provato che il primo ministro sia un delinquente? In un paese in cui la giustizia non ha mai goduto di buona reputazione, che cosa cambia se il primo ministro fa approvare leggi a misura dei suoi interessi, tutelandosi contro qualsiasi tentativo di punizione dei suoi eccessi ed abusi di autorità?
Eça de Queiroz diceva che, se facessimo circolare una bella risata intorno ad una istituzione, essa crollerebbe, ridotta in pezzi. Questo, un tempo. Che diremo del ... diktat di Berlusconi contro la proiezione del film W. di Oliver Stone? Fin lì sono arrivati i poteri del Cavaliere? Come è possibile che si sia commesso un tale arbitrio, sapendo per di più che, per quante risate ci potessimo fare intorno al Palazzo, questo non cadrebbe? Giusta è la nostra indigrazione, pur dovendo fare uno sforzo per capire la complessità del cuore umano. W. è un film che attacca Bush, e Berlusconi, uomo di cuore come può esserlo un capo mafia, è amico, collega, fautore dell'ancora (siamo nel 2008 n.d.r.) presidente degli Stati Uniti. Sono fatti l'uno per l'altro. Quel che non sarà ben fatto è che il popolo italiano accosti una quarta volta alle natiche di Berlusconi la sedia del potere. Non ci sarà allora, risata che ci salvi.